SPECIALE - Zelda: Skyward Sword VS A Link Between Worlds - PARTE 2

Wii | 3DS

La trattazione che segue è un lavoro unitario scisso in due parti unicamente al fine di alleggerire una lettura altrimenti troppo esigente in termini di tempo e sforzi richiesti al fruitore, anche in ragione dei tanti punti di game design passati al vaglio critico (link alla prima parte). Ci auguriamo gradiate la scelta ed il pezzo.
Buona lettura.


A Link Between Worlds, si diceva, nasce come gioco di reazione a Skyward Sword (rispettivamente SS e ALBW da qui in poi) e, ancor più, come reazione a tutto ciò che Zelda ha rappresentato negli ultimi tre lustri, eppure, vi assicuro, di primo acchito non lo direste.
Non lo direste perchè ALBW ha un incipit che tutto lascia presagire fuorché di essere innanzi ad un grande Zelda.

Tradisce sin da subito la genesi di una produzione nata come rifacimento di A Link to the Past piuttosto che come suo sequel e, nella prima ora di gioco, fa di tutto per convincervi che i feedback a proposito di SS non siano in alcun modo stati recepiti. Difficoltà non pervenuta, dialoghi insulsi e logorroici ed hand-holding a profusione sono i capi di imputazione di un gioco che nelle prime battute pare a tutti gli effetti un remake ricalibrato per una stagione ludica 2013-2014 all'insegna della verbosità e della sfida tarata su misura dei diversamente abili.

Poi qualcosa cambia, le ragioni di fastidio iniziano a diradarsi ed i pregi ad emergere in tutta la loro irrefrenabile portata, fino a che non si arriva a Lorule e lì il gioco si apre nella sua interezza, disvelando le sue carte, ponendosi in antitesi con SS e dando inizio ad uno scontro ideologico intestino al brand che per i fan più nostalgici della saga profuma tanto di luce in fondo al tunnel.

Vediamo di chiarirci.
ALBW recupera innanzitutto l'overworld unitario delle passate iterazioni del franchise preservandone la dungeonizzazione (da sempre di facile e più riuscita implementazione negli episodi 2D della saga con visuale a volo d'uccello), poi, siccome è de facto ALTTP2, aggiunge un darkworld, simile ma parallelo al mondo base, interconnesso allo stesso da una fitta rete di passaggi dimensionali la cui comprensione si rende necessaria per l'esplorazione.

Il lavorio di level design è accademico, ma fin qui nulla che faccia gridare al miracolo chi è ben disposto a rigiocarsi ALTTP anziché affrontare una nuova spesa, a maggior ragione considerato che la mappa del mondo base è del tutto identica nei due titoli.

Gli argomenti dei detrattori cadono però innanzi all'introduzione della meccanica centrale del gioco che avviene al termine del primo dungeon, trattasi del leitmotiv di questo ALBW, dell'intercapedine tra esplorazione e puzzle solving, del cuore meccanico caratterizzante. Trattasi in altre parole dell'idea forte che è mancata in SS per pretendere di farne un puzzle game di oltre 30 ore: il merging, ossia l'abilità di Link di immergersi nelle pareti per divenire una sorta di dipinto manovrabile lungo le stesse.




Non si tratta di una novità marginale in ottica di game design, ciò che il team ha fatto è stato aggiungere un'ulteriore dimensione grafica (perchè ALBW diversamente dall'illustre predecessore è un gioco poligonale, e questa feature non sarebbe potuta esistere in un gioco 2D) e ludica ai livelli, e dunque all'esplorazione, dell'originale ALTTP, con ciò evolvendoli ed in definitiva superandoli nei profili concettuali.

Non accolgo a tal proposito le obiezioni di coloro i quali lamentano le minori dimensioni dei dungeon di ALBW rispetto ad ALTTP: il ridimensionamento c'è ma è meramente dimensionale, non concettuale ed è peraltro a mio avviso ampiamente giustificato dal ritmo giocoforza più accellerato che deve caratterizzare un handheld game rispetto alla controparte per home console.

Ripensate, se ALBW lo avete già giocato, o provate ad immaginare, se ancora non lo avete fatto, alle implicazioni di questa meccanica nella navigazione dei dungeon e dei due overworld (i cui passaggi di connessione implicano proprio l'utilizzo del merging).
Il risultato è un irrobustimento dell'esplorazione che trova nella progressiva riduzione dell'hand-holding, praticamente assente dall'arrivo a Lorule in poi, e nel recupero dell'agire discrezionale la sua elevazione esponenziale.

ALBW non rinnega la costruzione da puzzle game di SS, semmai la surclassa: avere un doppio-mondo labirintizzato, esplorabile in maniera non lineare, farcito di dungeon affrontabili in libera sequenza, in una maniera che va oltre lo stesso ALTTP per avvicinarsi ammirevolmente al primo The Legend of Zelda per NES, per giunta in assenza di hand-holding, riconsegna al concetto di puzzle, ove per puzzle è a conti fatti da intendersi l'intero costrutto di gioco, la discrezionalità nell'accostamento delle tessere, la libertà di progressione secondo un personale ordine mentale.
Tanto basta per decretare sin da ora la vittoria di questo progetto su SS.

Siamo di nuovo puzzle solver nel senso più genuino del termine, e ciò perchè siamo di nuovo per davvero esploratori, liberi di assecondare la nostra curiosità, di spingerci in un certo anfratto e vederci poi remunerati per la nostra intuizione e conseguente scoperta. Nessun "ripassa più tardi, non c'è nulla per te", se non davvero una manciata di blocchi legati a quel minimo di necessario coordinamento con la mai invasiva storyline e a qualche gadget/abilità propedeutico/a.


La remunerazione da esplorazione è qualcosa che questo gioco sa attualizzare fin troppo bene, con ciò cesellando un ritmo inappuntabile per un gioco portatile: in altri termini non c'è angolo di questa vasta ma compatta mappa che non nasconda un pezzetto di gameplay, non c'è passo che non ci avvicini ad un qualcosa da scoprire, ed è tutto davvero ben incardinato nel level design. Menzione d'onore per le maiamai, i collezionabili del gioco (necessari per il completamento della relativa subquest ed il potenziamento dei gadget), che personalmente ritengo tra i più divertenti degli ultimi anni in un adventure con il loro essere stuzzichini puzzle rivelanti ulteriore sfumature della complessa doppia-mappa.

ALBW non è però solo puzzle solving: la frequenza dei combattimenti e l'intelligente posizionamento dei nemici riportano un po' di sano movimento tattico, tempismo e controllo della folla accerchiante in un brand che sul piano dell'azione arcade si era abbastanza appiattito. Va detto che i meccanismi non vengono mai torchiati appieno, sia per ragioni a breve illustrate, sia per alcune ingenuità nel bilanciamento delle opzioni offensive (perché mai dovrei utilizzare il boomerang per stordire un singolo nemico quando con un altro strumento posso ottenere lo stesso risultato ma ad area?).




Eppure, si accennava nella precedente pubblicazione, anche ALBW nel suo confrontarsi con i dogmi della saga ha in qualche modo scatenato le ire di una certa fazione dei fan: le accuse sono in massima parte rivolte al sistema di noleggio dei gadget (rental system), che ha privato la frangia più conservatrice degli appassionati del gusto di scoprire sul campo quelli che da sempre costituiscono tra i tesori più ambiti dagli avventurieri zeldiani.

Fa niente che i gadget siano bene o male quasi sempre gli stessi, fa niente che da ormai troppi capitoli, varcato l'ingresso di un dungeon, si riesca sempre ad anticipare lo strumento da lì a poco rinvenibile, fa niente che sto benedetto ed arcinoto arco venga custodito come il Sacro Graal e concessoci sempre ormai in prossimità dell'endgame, fa niente che il ritrovamento non sia frutto di una nostra ricerca ma dell'ingenua accondiscendenza verso uno script: il rental system ha relegato l'ottenimento di gran parte dei gadget all'esborso del vile denaro e va perciò a prescindere condannato! Che questo abbia in qualche modo restituito un senso al sistema economico della saga è marginale e di poco conto.

Sapete? In parte sono anche d'accordo. La sensazione che inizialmente ho avuto è che Nintendo abbia seguito, in effetti, la via più rapida per addivenire alla non-linearità dei dungeon senza dover contestualmente rinunciare agli enigmi incentrati sui gadget in favore di soluzioni più flessibili come nel primo TLoZ (necessitanti quindi di un maggior sforzo creativo). 

Tale soluzione al caso però non può a mio avviso dirsi esaustiva. A smentire tale ricostruzione è la presenza di un numero non irrisorio di strumenti comunque da reperire sul campo e soprattutto di mini-dungeon opzionali pensati per custodire forzieri zeppi di rupie; con riguardo a questi ultimi, sarebbe bastato sostituire al premio in denaro un gadget e metà delle lamentele sarebbe stata prevenuta, senza alcuno sforzo produttivo ulteriore.

Cosa è davvero accaduto allora?

Guardiamo ai sette dungeon di Lorule: dovendo renderli liberi da una sequenza lineare e perciò affrontabili anche senza l'ausilio delle facoltà convenzionalmente accumulate nel corso di una scriptata progressione, il team ha puntato su labirinti incentrati su di un singolo strumento per volta, col risultato paradossale che ALBW retrocede in quell'unico passo avanti segnato da SS, ossia il maggiore riutilizzo dei gadget anche successivamente al superamento del livello specificamente dedicato a ciascuno (lo sfruttamento permane ai fini del combattimento visto che tutti hanno proprietà offensive ma si assottiglia per gli enigmi ambientali).
E ancora, nel perseguire la non-linearità, Aonuma e soci non hanno optato per una celata e crescente curva di difficoltà scopribile dal giocatore passando per il fallimento come in TLoZ ma comunque violabile a mezzo della propria abilità; no, si è preferito un generale livellamento verso il basso per la sfida dei dungeon.

I combattimenti, che per impegno richiesto si assestano timidamente sui livelli dello "scontro medio" di ALTTP solo dopo alcune ore di gioco e la generosità con cui i cuori di ricarica vengono elargiti, sono tutti indizi più che mai rivelatori: a mancare non è stata la creatività, è stata la cattiveria, è stato il coraggio di affondare la lama della sfida nelle carni del giocatore.




Si è creato un intreccio di mappe complesso e scardinabile in maniera non lineare, si è progressivamente rinunciato a prendere per mano il giocatore, non si è avuto però il coraggio di lasciarlo sguarnito di coordinate circa gli strumenti base, non si è avuto il coraggio di gettarlo sin da subito in pasto ad un mondo ostile e selvbaggio (la Hero Mode che elimina il drop di cuori e moltiplica i danni inflitti dagli avversari non è disponibile da subito, capite bene come a gioco ormai noto ed assimilato il suo apporto sia minimo).

Una leggenda che sia degna di tal nome non può prescindere da un eroe, e un eroe non è davvero tale senza una sfida davvero titanica da vincere: ciò che con ALBW si è recuperato, non solo rispetto a SS, è molto più di quanto sia andato perduto, con ALBW siamo ritornati avventurieri, nell'accezione del termine più nobile che il videogioco conosca, non siamo però ritornati eroi.

Con il prossimo The Legend of Zelda Wii U, Nintendo ha un'opportunità storica per restituirci anche questo ruolo: il primo prodromico passo è stato già fatto con il qui esaminato ALBW;
Wii U pare irrimediabilmente condannata ad essere una console di nicchia per appassionati, con ciò liberando il franchise dalla necessità di prostituirsi innanzi alle necessità dei casual gamers; From Software, coi suoi Souls, ha infine fornito l'assist perfetto rieducando il mainstream a quei modelli e concept che per primi The Legend of Zelda ed il sottovalutato Zelda II: The Adventure of Link forgiarono e radicarono nel mondo del game design; Aonuma deve solo affondare la lama della sfida affinché Link possa tornare a brandire con fierezza quella dell'eroe.






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